Venerdì 27 gennaio dalle 15 alle 18 presso la sede universitaria Ex-Mater Amabilis di Cuneo (via Ferraris di Celle, 2) e sabato 28 gennaio dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 18 presso il Circolo ‘L Caprissi (piazza Boves, 3) sempre a Cuneo, il Cespec (Centro Studi sul Pensiero Contemporaneo) organizza un workshop interdisciplinare sull’educazione alla cittadinanza dal titolo “Emergenza educativa”. Il workshop è incentrato sul dialogo tra coloro che, a diverso titolo, sono coinvolti nei processi formativi delle giovani generazioni, in una declinazione che individua nella sfera pubblica comunitaria gli elementi decisivi per l’esercizio della democrazia intesa in termini sostanziali, ovvero come sinonimo di azione riflessiva, partecipata e condivisa. Il workshop, in collaborazione con il Circolo ‘L Caprissi e Filosofie e pratiche di comunità, è realizzato con il contributo della Fondazione Crc e con i fondi Otto per mille della Chiesa Valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) e si avvale tra gli altri del patrocinio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Ufficio scolastico regionale per il Piemonte. Per maggiori informazioni visitare il sito internet www.cespec.it. L’ingresso ai lavori è libero.
“Non di rado, quando ci si accosta al tema dell’educazione nella contemporaneità, nel dibattitto pubblico ricorre la locuzione ‘emergenza educativa’, con riferimento esplicito alle nuove generazioni – affermano Roberto Franzini Tibaldeo e Cristina Rebuffo, coordinatori e organizzatori del workshop -. È difficile stabilire se ci si trova al cospetto di un processo di reificazione intellettuale o meno, così come coglierne gli elementi caratteristici o delimitarne i confini. Detto ciò, a parlare di ‘emergenza educativa’ non sono le giovani generazioni, ma piuttosto gli adulti. Proprio per questo motivo, la proposta si rivolge a questi ultimi, proponendo una serie di attività aventi come focus la ‘questione educativa’ delle giovani generazioni nella contemporaneità, affrontata in chiave teorico-pratica e con finalità di ricerca-formazione, a partire dal coinvolgimento, dal confronto e dal dialogo tra coloro (genitori, insegnanti, formatori, educatori, animatori, volontari dell’associazionismo locale, ecc.) che quotidianamente sono a stretto contatto con i giovani”.
Il workshop si articolerà in tre mezze giornate di lavoro, confronto e dialogo; nel corso del pomeriggio inaugurale di venerdì 27 gennaio, si proporrà ai partecipanti una sessione di Philosophy for Community presentata mediante l’intervento di un esperto, Fèlix Garcìa Moryòn (Universidad Autònoma de Madrid) che ne evidenzierà i campi di applicazione, il potenziale, ecc. La mattinata di sabato 28 sarà dedicata agli adulti operanti nel settore educativo. È previsto l’intervento di alcune figure attive sul territorio provinciale e regionale: tre accademici (Simone Martino, Sara Nosari e Federico Zamengo, Università di Torino), un dirigente scolastico, un insegnante, un rappresentante degli enti territoriali e un educatore professionale. Nella mezza giornata conclusiva si tornerà riflessivamente sui temi analizzati, rilanciandoli ulteriormente, attraverso sessioni di Philosophy for Community facilitate da Silvia Bevilacqua e Pierpaolo Casarin (Insieme di pratiche filosoficamente autonome).
Dai suoi esordi, fino all’epoca attuale, l’azione dell’educare costituisce una pratica tanto quotidiana, diffusa e comune, ma al contempo problematica e non sempre di facile interpretazione. Educare. Certo. Ma per cosa? A che scopo? Per la società o per il singolo? Per la comunità o per l’individuo? Un’educazione funzionale all’adattamento sociale, o come alternativa all’esistente? Forse anche la questione della menzionata “emergenza educativa” può essere ricompresa dentro queste polarità, che tuttavia, necessitano di essere dialettizzate e quindi superate proprio in quanto pensate unilateralmente.
Non è detto che educare oggi sia più o meno difficile rispetto al passato: certamente è diverso. In che cosa? Quali gli aspetti eventualmente più complessi, o almeno, percepiti come tali, avvertono gli adulti in campo? Quali le ragioni implicite stanno alla base delle opinioni in merito degli adulti?
Si ritiene infatti che questo confronto intra-generazionale tra adulti (che non ha ancora luoghi e momenti formativi adeguati per espletarsi) sia di vitale importanza al fine di acquisire, per un verso, una prospettiva riflessiva, pluralistica e critica sull’educazione giovanile e, per altro verso, per contribuire alla riattivazione di legami sociali in grado di fungere da punti di riferimento per quella più ampia e diffusa “comunità in formazione permanente” che è la democrazia.
Non è raro, infatti, nella complessità educativa contemporanea, percepire una reciproca diffidenza tra i vari adulti coinvolti nei processi educativi: “battaglie” tra genitori e insegnanti, oppure tra scuola ed extra-scuola: in breve, le tradizionali agenzie formative, oltre a palesare, ciascuna, una crisi “interna”, sembrano mostrare anche nel loro interagire, non pochi elementi di criticità. Che sia anche questo, uno degli elementi della citata “emergenza educativa”?
Il workshop vuole dunque colmare in ambito locale la lacuna educativo-formativa rappresentata dalla carenza di spazi, tempi e occasioni per questo confronto intra-generazionale. In secondo luogo, intende dimostrare l’efficacia di un approccio interdisciplinare in grado di integrare la riflessione pedagogica con la pratica sociale/comunitaria della filosofia, utilizzando l’esperienza del dialogo filosofico come modalità in grado di favorire nel discorso pubblico la partecipazione democratica e riflessiva dei soggetti coinvolti.
In particolare l’utilizzo della metodologia della “Philosophy for Community” (P4C) di Lipman e Sharp potrebbe agire preliminarmente su due dimensioni:
a) Nel dialogo-confronto che si attiva, potrebbe scaturire l’idea di essere, nonostante la differenza di ruoli e approcci, in “cammino”, “dentro il pezzo, ciascuno per la sua parte”.
b) Nelle posizioni degli altri, comprendere o ricomprendere, modificare o sostanziare le proprie. Insomma, poter vedere esplicitate delle proprie posizioni e dare vita a un “pensare insieme” che può modificare i propri schemi di significato.