Dopo anni di sofferenza, quest’anno il settore suinicolo sembrava finalmente dare segnali di ripresa, ma dopo quattro mesi consecutivi in cui i prezzi alla produzione avevano fatto registrare un trend in crescita, ad ottobre la situazione è nuovamente peggiorata. A confermarlo è Roberto Barge, presidente della sezione Suinicola di Confagricoltura Cuneo: “C’è stato qualche timido segnale di ripresa, con quattro mesi di prezzi medio-alti, ma da ottobre la situazione è nuovamente peggiorata – commenta -. A incidere maggiormente è stata la scadenza del contratto della Germania con la Cina, che si è chiuso al 30 di settembre; le esportazioni, che prima erano aumentate, si sono bloccate e i prezzi della carne in tutta Europa sono calati nuovamente. Confidiamo nello sblocco dell’embargo russo, riaprendo questo mercato i prezzi potrebbero tornare ad aumentare dando una boccata di ossigeno e prospettive di ripresa agli allevatori”.
Da giugno, infatti, i prezzi dei suini pesanti da macello avevano fatto segnare percentuali di rialzo più che positive (+5,4% rispetto a settembre 2015), così come quelli da allevamento (+18,7%). Buone notizie arrivavano anche sul fronte dei costi di produzione, con prezzi delle materie prime fondamentali per l’alimentazione dei suini, in particolare mais e soia, in netta flessione. Poi la situazione è tornata critica. In provincia di Cuneo la filiera produttiva è quasi tutta dedicata all’ingrasso di capi pesanti per produrre prosciutto crudo di qualità.
“Purtroppo siamo sempre troppo in balia di fattori congiunturali, perché non esiste una vera strategia nel nostro Paese – continua Roberto Barge -. Abbiamo ridotto drasticamente le scrofe a livello nazionale passando dai 750mila di qualche anno fa alle 570mila di oggi, ma questo non serve, è fondamentale darsi una strategia di rilancio e di valorizzazione dei nostri prodotti. Dobbiamo riuscire a trasmettere al consumatore quello che i nostri allevatori fanno da anni – ribadisce il presidente -; occorre da un lato certificare i capi nati e allevati in Italia così da per poter garantire il prodotto al consumatore, e dall’altro controbattere le campagne propagandistiche dei media contro gli allevamenti intensivi, spesso basate su informazioni false o comunque fuorvianti”.
Nel medio periodo, fondamentale potrà essere la riapertura del mercato con la Cina. Il 27 settembre scorso, a conclusione delle lunghe negoziazioni tra Italia e Cina, l’ambasciata italiana ha ottenuto il riconoscimento della macroarea del Nord (che comprende anche il Piemonte) come indenne da vescicolare. Questa decisione può rappresentare un passaggio fondamentale nel settore per l’apertura del mercato cinese alle carni suine fresche e prodotti a breve stagionatura. “Speriamo che questo ci possa aiutare ad aumentare le esportazioni anche dei tagli minori che in Italia non trovano sbocco e che comunque in Cina hanno un grosso mercato”, conclude Barge.