“Le misure previste dal Ministero per aiutare le aziende del comparto vitivinicolo non sono adeguate alle necessità dei produttori piemontesi. Malgrado le ripetute segnalazioni di Confagricoltura Piemonte e l’intervento della Regione, il piano nazionale ad oggi non risponde a quanto da noi richiesto. Occorre rimodularlo tenendo conto delle specifiche necessità dei vari territori regionali, delle Doc e delle loro rese. Inoltre, per la viticoltura piemontese diventa difficile diminuire la resa sull’intera superficie aziendale, richiederemo quindi l’applicazione per singola Doc”. È il commento di Roberto Abellonio, direttore di Confagricoltura Cuneo, sugli interventi previsti dal Ministero per la diminuzione della produzione in vista della prossima vendemmia (resa selettiva) e della distillazione di emergenza per Covid-19. Temi dibattuti qualche giorno fa anche in videoconferenza al tavolo agricolo regionale, svoltosi alla presenza dell’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa a cui è intervenuto il direttore Abellonio.
Nel corso del tavolo agricolo, la Regione ha confermato le indicazioni già fornite nel corso della precedente riunione per quanto riguarda la distillazione di emergenza: con uno stanziamento regionale di 4 milioni di euro verranno avviati alla distillazione circa 60.000 ettolitri di vino delle tipologie Acqui docg, Monferrato doc e Piemonte doc. Le domande per l’avvio del prodotto in distilleria, dopo l’approvazione del bando che dovrebbe avvenire già in settimana, potranno essere presentate entro il 15 luglio. Per quanto riguarda la resa selettiva, invece, il provvedimento emanato a livello nazionale contiene alcuni aspetti che non convincono, in particolare per ciò che attiene alla resa media degli ultimi cinque anni (metodo di definizione) e per la modalità di presentazione delle domande.
“Continueremo a chiedere alle istituzioni un maggior sostegno per il vitivinicolo, comparto che rappresenta una delle eccellenze del made in Italy, non soltanto per il primato mondiale dei volumi produttivi, ma soprattutto per il significato che tutto ciò rappresenta in termini economici, occupazionali, culturali e paesaggistici – conclude Abellonio –. Il tracollo del settore comporterebbe gravi ripercussioni non solo nell’ambito della produzione primaria, ma anche sotto l’aspetto turistico e della ristorazione”.